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1901, Esposizione Panamericana di Buffalo, estremo nord-occidentale dello Stato di New York. Tre ragioni distinte regalano all’evento l’immortalità: l’ampio uso innovativo dell’illuminazione elettrica, il tragico assassinio del presidente William McKinley e un’attrazioni spettacolare: A Trip to the Moon by Frederic Thompson, Thompson che, due anni dopo a Coney Island, inventerà il Luna Park.
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L'area espositiva era enorme: quasi 1,5 km2, in quella che all'epoca era una delle città più industrializzate e ricche d'America, porta d’accesso alle cascate del Niagara, snodo commerciale tra i Grandi Laghi e l’oceano Atlantico, luogo dove nasceva il canale di Erie che terminava ad Albany, dove si univa alle acque dell’Hudson giù fino alla baia di Manhatthan.
Il canale di Erie è ancora navigabile e ti ho parlato di questa incredibile opera ingegneristica proprio nella prima puntata della prima stagione di AmericanA, quella dedicata alla Chicago di The Bear.
La vicinanza alle Niagara Falls, (in inglese si pronuncia “naiagra”), fu uno dei motivi principali per cui Buffalo venne scelta per ospitare l’Esposizione Panamericana, come simbolo del progresso tecnologico americano.
Infatti proprio grazie all'energia idroelettrica generata dalle cascate l’esposizione poté vantare l'illuminazione elettrica spettacolare che ti dicevo: oltre 200.000 lampadine la illuminavano, una meraviglia assoluta per il pubblico di allora.
L’Esposizione Panamericana del 1901 fu un evento unico, mai più ripetuto. Una fiera internazionale dedicata a mostrare i progressi tecnologici, culturali e industriali delle due Americhe con l’obiettivo di rafforzare i legami commerciali e culturali tra i Paesi americani.
Nelle ultime puntate ti ho raccontato NY attraverso la sua musica, ironia della sorte fu nel padiglione dal nome Temple of Music che un anarchico di origine polacca, Leon Czolgosz sparò a bruciapelo al presidente americano William McKinley.
25º presidente degli Stati Uniti, popolarissimo, votato due volte, con Theodore Roosevelt come vicepresidente, era un repubblicano dell'Ohio.
Sergente dell’esercito unionista, fu l’ultimo presidente americano a combattere nella Guerra civile.
Sostenitore del protezionismo economico: promosse dazi doganali molto alti per proteggere l'industria americana (ma allora forse aveva un senso), guidò il Paese nella Guerra ispano-americana, con cui gli Stati Uniti conquistarono Porto Rico, Guam, le Filippine e influenzarono fortemente Cuba. Sotto il suo mandato, gli USA iniziano a diventare una potenza coloniale.
Morì dopo qualche giorno dall’attentato per un’infezione, venne costruito un grande mausoleo in suo onore a Canton, Ohio e Theodore Roosevelt, divenne presidente a 42 anni, allora il più giovane presidente nella storia degli Stati Uniti.
Finì la cosiddetta Gilded Age, si aprì un’epoca di riforme progressiste.
Con la morte di McKinley l'atmosfera all’esposizione cambiò drasticamente e dopo la chiusura a novembre molti padiglioni furono abbattuti, erano in fondo stati costruiti con materiali leggeri, come gesso e tela, progettati solo per durare pochi mesi.
Destino diverso toccò a quella che fu forse l’attrazione principale dell’esposizione, A Trip to the moon. Costava 50 centesimi, il doppio del prezzo medio delle altre attrazioni, eppure fu un enorme successo.
Immagina di essere un americano dei primi del novecento e di trovarti in mezzo a una folla, mentre entri in una grande stanza buia.
Al centro della sala vedi una grande nave alata fatta di legno e metallo, con grandi ali rosse che si muovono su e giù come quelle di un uccello, si chiama Airship Luna.
Sei parte di un gruppo di persone in attesa di vivere un'esperienza che promette di essere, letteralmente, out of this world.
Una voce da un altoparlante dice: “Tutti a bordo per un Viaggio sulla Luna”.
E non appena ti sistemi sulla tua sedia a sdraio, le ali cominciano a sbattere su e giù, il fumo invade il ponte, il vento comincia a soffiare e l’equipaggio accende i fari e annuncia che Luna sta per decollare! La nave si solleva...Stai fluttuando tra le nuvole mentre sotto di te la Terra si allontana, più in alto, tra le nuvole, vedi la Luna avvicinarsi.
Una volta “atterrati”, scendete da una passerella e venite condotti in scenari lunari, paesaggi bizzarri e illusioni ottiche, venite accolti da creature aliene, piccoli abitanti della Luna chiamati Seleniti, tutto illuminato a luce elettrica.
Era un’esperienza immersiva e visionaria, considerata rivoluzionaria.
E ovviamente c’era un gift-shop all’uscita, dove io sicuramente mi sarei fatta molto male.
Non si trovano fotografie dell’attrazione reale.
Quelle che vedi nel video della puntata, sono le uniche immagini disponibili, insieme ai disegni dei brevetti presentati da Fred Thompson.
Questa corsa era perfetta per il clima culturale di inizio secolo. Tutti parlavano di volo.
Inventori in tutto il mondo stavano cercando di essere i primi a volare nell’aria, come gli uccelli!
Era quasi come se la gente sapesse che sarebbe successo davvero. Anche le canzoni popolari riflettevano questa fascinazione per il volo e 17 dicembre 1903 a Kitty Hawk, in una spiaggia ventosa del North Carolina, i fratelli Wright trasformarono quel sogno in realtà: il primo volo motorizzato nella storia a bordo del Flyer I.
A fine giornata il volo più lungo era stato di 59 secondi e 260 metri.
Sette mesi prima Frederic Thompson, che aveva chiamato l’attrazione Luna per il riferimento al pianeta, decide di far volare anche i Newyorkesi, questa volta sopra Coney Island e l’Oceano Atlantico perché insieme al suo socio Elmer "Skip" Dundy, aveva capito di poter creare qualcosa di ancora più grande.
Coney Island era già nota per il suo parco di divertimenti Steeplechase Park ma Thompson e Dundy decidono di costruire il loro parco, su un'area di circa 9 ettari, sulle rovine del vecchio e fallito Sea Lion Park. Aprono il 16 maggio 1903 e chiamano il nuovo parco Luna Park, questa volta in onore di Luna, la sorella di Thompson.
250mila lampadine elettriche decoravano torri, cupole, passerelle e padiglioni, un'illuminazione notturna mai vista prima, che trasformava il parco in una "città incantata".
C’erano giostre, spettacoli teatrali, ricostruzioni storiche come l'assalto a una città araba, elefanti veri, percorsi scenografici, simulatori di viaggi esotici.
A Trip to the Moon era il fulcro simbolico del parco, ricostruita in versione ancora più grande.
Luna Park divenne talmente famoso che il nome stesso cominciò a essere copiato in tutto il mondo.
Nacquero "Luna Park" in Chicago, Sydney, Melbourne, Parigi, Tokyo; ancora oggi, molti parchi di divertimenti nel mondo hanno il nome "Luna Park".
Thompson morì nel 1919, a soli 45 anni, Dundy era morto già nel 1907.
Gli anni ’30 portarono la Grande Depressione. I soldi finirono, i turisti sparirono, e il sogno elettrico di Luna Park cominciò a spegnersi. Si riaccese tutto insieme, nel 1944, in un incendio devastante che distrusse gran parte del parco.
Luna Park non venne mai ricostruito.
Negli anni ’50 e ’60, l’America viaggiava in automobile verso spiagge più lontane.
Coney Island, raggiungibile in metropolitana, diventava sempre più un posto per poveri, immigrati, emarginati.
Il quartiere si degradò: criminalità, edifici abbandonati, giostre arrugginite. Negli anni '70, Coney Island sembrava un sogno svanito.
Il boardwalk in legno si sbriciolava. La spiaggia era sporca. Le grandi attrazioni chiudevano una dopo l'altra.
Fino agli anni 2000, Coney Island era ancora in uno stato di degrado. Nel 2009, il Comune di New York lancia un piano di riqualificazione urbana. Nel 2010, la società italiana Zamperla viene incaricata di rinnovare l'area dei parchi divertimenti. Nello stesso anno, apre il nuovo "Luna Park", completamente diverso dal Luna Park del 1903.
Vengono poi restaurati il boardwalk, la Wonder Wheel e il Parachute Jump, come icone storiche.
Il quartiere residenziale di Coney Island però, dietro il boardwalk, resta ancora oggi in parte degradato e povero.
Ricordo esattamente il giorno del 2010 in cui sentii al telegiornale la notizia: riapriva Luna Park, sotto la sua gestione anche l’intramontabile Cyclone.
Coney Island per me è sempre stato un posto del cuore, uno dei primi luoghi che ho visitato a NY, il suo Boardwalk in legno mi ricordava le estati da bambina passati nelle arcade e nei luna park delle cittadine del Kent inglese.
Quell’oceano per il divertimento nazional-popolare, dove la spiaggia è spiaggia di tutti, e un cono gelato gusto vaniglia con flake al cioccolato è tutto quello che ti serve.
Il Cyclone è una montagna russa in legno, inaugurata il 26 giugno 1927, alta poco più di 26 metri, con discese vertiginose e curve strettissime, una delle montagne russe più antiche ancora in funzione al mondo. Dichiarato monumento storico di New York nel 1988.
Rappresenta perfettamente Coney Island: un’esperienza forte, traballante, emozionante, che ti lascia addosso il rumore del legno e il profumo del sale.
E il Cyclone è protagonista e anche di un momento tragico della serie tv Vinyl, un flashback in cui dei giovanissimi Richie e Devon e due loro amici, fatti e ubriachi sfrecciano verso la vecchia montagna russa, come a voler sfidare il destino ed è il destino invece ad avere la meglio.
Sempre Vinyl quindi, che da tre puntate ormai ci sta accompagnando alla scoperta di una New York scomparsa eppure ancora così viva.
E se hai ascoltato la puntata in cui con Laura Pezzino abbiamo parlato della NYC anni ’70 attraverso il suo libro A NY con Patti Smith, sai che a un certo punto abbiamo accennato a Coney Island. Patti ne parla in Just Kids come una delle due gite urbane fatte con Robert Mapplethorpe proprio negli anni ‘70. Un luogo che attrae Patti per la sua innocenza e decadenza e perché puoi raggiungere l’oceano in metropolitana. L’oceano quello da spiaggia si intende.
Laura poi dà tutta una serie di riferimenti ad opere artistiche che vale la pena leggere, guardare o ascoltare per immergersi a pieno in quel luogo e te le lascio scoprire nel suo libro.
Eppure, proprio allora, proprio negli anni ’70 arrivò per Coney Island una nuova vita.
Vi arrivarono migliaia di immigrati dell’Unione Sovietica: ebrei, russi, ucraini, polacchi che fuggivano dalla repressione politica e dalla povertà.
Si stabilirono tra Coney Island e Brighton Beach, che presto divenne conosciuta come "Little Odessa".
Aprirono ristoranti russi, gastronomie ucraine, librerie di seconda mano, negozi di specialità dell’Est.
Il boardwalk si riempì di nuove lingue, nuove abitudini: uomini anziani che giocavano a scacchi sulla spiaggia, donne che passeggiavano avvolte nei foulard, famiglie che celebravano il nuovo anno ortodosso davanti all’oceano.
Coney Island cambiava pelle.
Non era più il parco delle meraviglie elettriche, ma luogo di sopravvivenza quotidiana, di diversa umanità.
E proprio in questo mondo nasce Anora.
Il film vincitore agli Oscar di quest’anno che racconta la storia di una giovane donna cresciuta tra Brighton Beach e Coney Island.
Una ragazza russa-americana che si muove tra lavori precari, sogni infranti e una voglia ostinata di riscattarsi.
Un mondo dove la vernice è scrostata, le giostre sono vecchie, ma il bisogno di sognare è ancora fortissimo.
In Anora, Coney Island non è solo una scenografia: è un personaggio.
È la memoria di quello che fu, e la speranza di quello che potrebbe essere.
Un luogo dove, nonostante tutto, l’oceano continua a battere contro la riva, e i sogni, anche quelli più improbabili, non smettono mai di nascere.
E adesso prima dei saluti, un aneddoto meno sognante, ma doveroso, soprattutto in questo momento storico. Te lo leggo direttamente dal libro Donald Trump di David Cay Johnston.
Anni dopo (Fred Trump) ebbe una trovata, alla quale suo figlio sembrerebbe essersi ispirato. Mentre veniva ferocemente criticato per il progetto di distruggere una popolare attrazione di Coney Island, il parco giochi di Steeplechase, per costruire il primo complesso marchiato con il nome di famiglia, Fred Trump riuscí a distrarre l'attenzione dei giornali ingaggiando un folto gruppo di bellezze vestite soltanto con un bikini a pois e un caschetto da manovale, che distribuivano mattoni agli abitanti della zona e alle autorità cittadine. Poi convocò i fotografi, perché li immortalassero mentre tiravano i mattoni contro l'insegna delle giostre, una faccia sorridente di vetro colorato chiamata Funny Face. Decine di anni dopo, come è noto, Donald Trump si sarebbe circondato di modelle per attirare l'attenzione delle telecamere, e la sua terza moglie avrebbe posato seminuda per un mensile maschile a bordo del suo Boeing 757 mentre lui assisteva al servizio.
Grazie per avermi letta fin qui.
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