Il Trump di The Apprentice
A pochi giorni dalle elezioni presidenziali americane nelle sale cinematografiche è uscito il film The Apprentice di Ali Abbasi, che ci mostra un giovane Trump diventare sempre più spietato.
Ciao, qualche giorno fa ho pubblicato un reel su Instagram della “saga” LoSpiegone, in cui mi prendo un po’ più tempo per affrontare un tema di attualità americana.
In questo caso si trattava dell’analisi della personalità del giovane Trump rappresentato da Ali Abbasi nel film The Apprentice.
Ti riporto qua sotto il testo che puoi anche ascoltare in audio. (Nel testo c’è un pezzettino in più, che sono le mie considerazioni sulle ragioni per cui il cinema in cui mi sono trovata a vedere il film fosse vuoto).
Buona lettura o buon ascolto, fammi sapere nei commenti cosa ne pensi.
Ciao! Benvenute e benvenuti a una nuova edizione de LoSpiegone, il format in cui approfondiamo tematiche di attualità americana, con riflessioni un po’ più lunghe dei canonici reels da 1 minuto e mezzo.
Nello scorso Spiegone abbiamo parlato di Columbus Day/Indigenous People Day, oggi parliamo di Trump attraverso il film The Apprentice.
Il film è stato presentato in anteprima il 20 maggio 2024 al Festival di Cannes, è stato distribuito nelle sale statunitensi l'11 ottobre e in quelle italiane il 17 ottobre.
Io sono andata a vederlo alle 22 di venerdì 18 ottobre, il giorno dopo l’uscita.
Insomma i presupposti c’erano tutti: venerdì sera, film su Trump a 2 settimane dalle elezioni americane..i presupposti dico per trovare il cinema pieno e invece…nessuno. Letteralmente nessuno.
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Questo dato può dipendere da vari fattori, magari una campagna pubblicitaria non molto efficace, di nuovo la crisi delle sale cinematografiche in Italia e però ci dice una cosa soprattutto secondo me: questo film è stato pensato per un pubblico democratico.
La quasi totalità dei repubblicani non andrà a vedere The Apprentice.
E io abito in una cittadina di provincia dove da anni stravince la destra, una destra populista tra l’altro, in controtendenza direi con quel dato di cui vi ho parlato nelle stories, secondo cui la gran parte degli italiani voterebbe per Harris..bah continua a convincermi molto poco.
Come vi ho già detto noi italiani abbiamo più volte nella storia mostrato un’irresistibile attrazione per leader simili a Trump su un piano di struttura di personalità.
E arriviamo quindi al tema di oggi: che struttura di personalità ha Trump?
Beh questa è proprio la domanda che si è posto Ali Abbasi secondo me, il regista del film, un regista iraniano al suo primo film in lingua inglese.
E non è un caso che proprio un iraniano abbia voluto mostrare al mondo il Trump dietro le quinte.
Trump e la sua amministrazione sono da ritentenersi i prinicipali responsabili esterni (quelli interni li conosciamo) dell’attuale crisi in medio oriente:
Nel maggio 2018, Trump ha ritirato gli Stati Uniti dal Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA), l'accordo nucleare firmato nel 2015 tra Iran e le principali potenze mondiali.
Dopo il ritiro dal JCPOA, l'amministrazione Trump ha lanciato una politica di "massima pressione" imponendo sanzioni economiche severe. Queste sanzioni hanno colpito settori chiave dell'economia iraniana, con gravi ripercussioni economiche per l'Iran.
Nel gennaio 2020, Trump ha autorizzato un attacco con droni a Baghdad che ha ucciso il generale iraniano Soleimani, una delle figure di spicco della politica militare dell'Iran, aumentando notevolmente le tensioni tra i due paesi, portando a una serie di rappresaglie e al timore di un conflitto diretto.
L'amministrazione Trump ha poi rafforzato la cooperazione con alleati come Israele e l'Arabia Saudita, entrambi contrari alla politica iraniana e promosso gli "Accordi di Abramo", tra Israele e diversi paesi arabi sunniti, anche come strategia di contenimento contro l'Iran sciita.
Il ritiro unilaterale degli Stati Uniti dal JCPOA ha reso più complessa la possibilità di ripristinare un accordo simile in futuro, l'Iran è diventato più scettico verso gli impegni occidentali ed è andato incontro ad una radicalizzazione della sua politica verso posizioni più estreme e antioccidentali.
Quando si pensa che andare a votare non servi a nulla!
E quindi che Trump ci mostra Abbasi?
Innanzitutto ci mostra un Trump giovane, un Trump degli anni settanta che viene preso sotto l'ala protettrice dell'avvocato Roy Cohn, che lo lancerà nel mondo spietato degli affari newyorkesi e gli isegnerà le tre regole su cui Trump baserà la sua carriera e visione del mondo:
Prima regola: Attacca, attacca, attacca;
Seconda regola: non ammettere mai nulla, nega tutto;
Terza regola: qualunque cosa accada, rivendica la vittoria e non ammettere mai la sconfitta”.
Insomma “Devi essere disposto a fare qualsiasi cosa e a chiunque per vincere”.
Nel film Trump non riconoscerà mai a Roy Cohn la paternità di queste regole, perchè nel film Trump si è trasformato nel mostro perfetto immaginato da Roy Cohn.
Solo che come chi alleva in casa una bestia feroce, perchè dall’attaccamento che quella bestia gli dimostra, deriva un senso estremo di amabilità e potenza, Roy Cohn si è dimenticato LA regola fondamentale: che una bestia feroce è prima di tutto e a volte anche soltanto: una bestia feroce.
Ovviamente ci dobbiamo ricordare che quello che stiamo vedendo è un film, è fiction, per quanto Abbasi si sia basato su testimonianze e fatti realmente accaduti, un film che racconta la sfera privata di una persona resta comunque un prodotto fictional.
E però è quindi ottimo per il mio intento qua, che è quello di esplorare i tratti di personalità di una persona con le caratteristiche del giovane Donald Trump di The Apprentice.
Che è poi quello che faccio nel podcast AmericanA, che trovi gratuitamente su tutte le piattaforme di podcast (e anche qua su Substack): indagare i tratti psicologici dell personalità mostrate dai personaggi delle serie tv americane, che di volta in volta ci accompagnano nel nostro viaggio attraverso l’America.
C’è un principio etico fondamentale che l’American Psychiatric Association (APA) ha stabilito nel 1973 La Regola di Goldwater, a proposito di regole.
Che vieta agli psichiatri di fare diagnosi o commenti professionali pubblici su figure pubbliche che non hanno esaminato personalmente. Questa regola prende il nome dall'episodio noto come "caso Goldwater" del 1964, quando oltre 1.100 psichiatri furono intervistati dalla rivista Fact su Barry Goldwater, candidato repubblicano alle elezioni presidenziali statunitensi.
In quell'occasione, molti professionisti espressero giudizi pubblici sullo stato mentale di Goldwater, dichiarandolo non idoneo per la presidenza senza averlo mai visitato.
L'APA introdusse questa regola per proteggere sia i diritti delle figure pubbliche sia l'integrità della psichiatria, definendo non etico dare valutazioni a distanza.
Nessuna regola ci impedisce però di analizzare psicologicamente un personaggio di fantasia, come il Trump del film.
Anzi, quello che spesso manca durante una visita psichiatrica, è vedere il paziente interagire nella sua vita di tutti i giorni.
L’unica relazione su cui possiamo basare le nostre ipotesi di funzionamento interpersonale del paziente è quella con noi..il paziente tenderà infatti a riprodurre con noi gli stessi schemi che riproduce nella sua vita fuori dal nostro ambulatorio.
Ma noi siamo coinvolti in quella relazione, una relazione sbilanciata per sua natura tra l’altro, e ci vuole tanta esperienza e formazione per essere in grado di analizzarla lucidamente e non farci invece ingaggaire in quelle dinamiche patologiche.
Non perchè il nostro ruolo sia quello di un commissario di polizia che deve stabilire la verità attraverso le prove e i testimoni, per noi l’unica verità è quella del paziente, ma perchè vedere il paziente relazionarsi con altri, ad esempio in una terapia di coppia, ci dà quella distanza che ci permette meglio di fare ipotesi sulla sua struttura di personalità.
E c’è però un appunto che vorrei fare alla Regola di Goldwater.
Se io in quanto medico, vedo un anziano camminare per strada con la classica andatura bradicinetica, avere una facies amimica e tremore degli arti a riposo, beh avrei il diritto di supporre che soffra di Malattia di Parkinson, sebbene ovviamente dovrei visitarlo e fare degli esami strumentali per arrivare ad una diagnosi certa e così via potrei fare esempi di numerosissime patologie mediche delle branche più disparate (pensiamo anche solo quanti si sono lanciati a diagnosticare una demenza al presidente Biden).
Beh ecco, sebbene non mi permetterei di formulare una diagnosi psichiatrica per Trump, quello vero, insomma penso che avrei il diritto, alla luce delle centinaia di volte che l’ho ascoltato parlare, di avanzare delle ipotesi (che poi tra l’altro l’ascolto è ad oggi l’unico strumento che noi psichiatri abbiamo per fare diagnosi).
Detto questo, torniamo al nostro finto Trump del film.
Beh quel Trump lì mostra tratti di personalità narcisisitica così marcati da configurare una personalità antisociale.
Attenzione qua parliamo di struttura di personalità e non di disturbo di personalità.
Non che nel Trump del film non si possa anche diagnosticare un distrubo, ma qua sono più interessata ad analizzarne la struttura di personalità che lo porta infine ad essere un uomo d’affari di successo (anche se meno di successo di quanto lui voglia far credere) e, anche se il film si ferma molti decenni prima, a diventare presidente degli stati uniti ed essere molto vicino a diventarlo di nuovo.
Moltissimi leaders autoritari, che hanno segnato la tragica storia novecentesca europea e asiatica presentavano questi tratti di personalità, ed è proprio la presenza di una democrazia forte in termini di strutture democratiche che possano limitare il potere del leader e fungere da contrappesi, a garantire che la personalità di questi leader non strabordi e porti alle tragedie che conosciamo.
Ed è proprio questo che dovrebbe spaventare di più di una nuova elezione Trump, non tanto quanto Trump sia un narcisista antisociale, ma il fatto che rispetto al 2017, l’America ha perso gran parte di quelle strutture di garanzia, dalla corte suprema a un partito repubblicano capace di contrastarlo e di moderarlo.
E quindi il Trump che ci mostra Abbasi è un uomo che manca completamente di empatia.
Ve lo ricordate il reel virale dove Jay Robert Pritzker, governatore democratico dell’illinois, parla di deficit empatico per cui la persona più gentile nella stanza sarebbe quasi sempre la più intelligente?
Ve l’ho fatto ascoltare nella quarta puntata di Americana, dove vi dicevo come l’empatia sia una caratteristica darwinisticamente vincente, che è il motivo per cui sono fiduciosa nel futuro dell’umanità e nel nostro caso dell’America (al di là di come andranno queste elezioni).
Mancanza di empatia significa incapacità di percepire o condividere le emozioni altrui, questa incapacità ti rende insensibili ai sentimenti e ai bisogni degli altri, ti rende freddi e distaccati e manipolativi..si pensa spesso che questa sia una scelta, la si scambia per una manifestazione di forza, non è così.
E’ un vero e proprio deficit cognitivo.
E nel film questo è ben evidente nel rapporto col fratello che gli chiede disperato aiuto per l’ultima volta e che Trump liquida incapace di rendersi conto che è l’ultima occasione di salvargli la vita.
E’ evidente nel rapporto con Ivana, che arriva a stuprare in risposta a una richiesta di affetto, di nuovo questo succede nel film e si basa su una dichiarazione di Ivana durante la causa di divorzio che ha poi ritrattato.
E’ evidente proprio nel rapporto con Roy Cohn, che, nonostante sia stato per molti versi un uomo spregevole, emerge nel film come una figura molto più tormentata, shakspeariana come ormai mi avete spesso sentito dire, una figura che, a differenza del Trump del film, evoca in qualche modo empatia, nella sua disperata ricerca d’amore.
Ecco Trump è completamente insensibile di fronte alla malattia di Roy, e anzi lo umilia in tutti i modi possibili, Roy morirà di AIDS, negandolo fino alla fine, lui omosessuale che in pubblico faceva di tutto per apparire come il più etero degli etero. Anche in questo la sua personale tragedia è commovente.
Trump alla fine lo invita a Maralago, gli dedica una serata per il suo compleanno, per un attimo pensiamo che forse abbiamo intravisto una breccia di empatia in Trump…Roy mostra fiero a Ivana i gemelli di diamante che Trump gli ha regalato. Sono zirconi, sono delle patacche tesoro, gli dice Ivana.
Ma personalità antisociale vuole anche dire impulsività e ricerca di Sensazioni Forti. E quindi agire senza considerare le conseguenze, fino ad assumere comportamenti rischiosi o pericolosi, come abuso di sostanze e attività illegali.
Il Trump di Abbasi è un Trump che si tiene inizialmente alla larga da ogni sostanza di abuso, che resiste alle tentazioni offertegli da Roy, ma poi sviluppa una grave dipendenza da amfetamine che inizialmente si fa prescrivere per perdere peso e che finiscono per esasperare i suoi tratti impulsivi e di grandiosità narcisistica.
E poi il Trump del film è antisociale anche perchè Manipolatore e Disonesto: mente e sfrutta gli altri per ottenere vantaggi personali, senza provare rimorso, guidato dal desiderio di dominare o trarre vantaggi dagli altri.
E poi è intollerante alla frustrazione, come quando Roy stesso lo invita alla calma rispetto ai suoi investimenti immobiliari sconsiderati soprattutto ad Atlantic City che Trump vuole trasformare in una nuova Las Vegas.
Ed è aggressivo verbalmente e in privato anche fisicamente.
Il Trump di Abbasi non prova alcun senso di colpa per le sue azioni ed è incapace di conformarsi a leggi e norme sociali.
Ma sono gli aspetti narcisisti che più rendono il Trump di Abbasi una figura triste, mediocre, banale.
Perché ecco è proprio questo il punto, a differenza di alcune recensioni che ho letto che accusano il film di aver in qualche modo eroicizzato la figura di Trump, secondo me invece Abbasi è stato magistrale nel rendere sullo schermo la famosa banalità del male di Anna Arendt.
Il trump di Abbasi non è un personaggio Shakespeariano anche per questo, perché è irrimediabilmente banale.
Tutta quella aggressività, quella grandiosità, quella sfacciataggine, quella seduttività si sgonfiano nella sala operatoria dove ogni tot si fa aspirare il grasso dall’addome e si fa rimuovere pezzi calvi di cuoio capelluto, perchè sotto quella esibita autostima da pesce palla c’è un bisogno costante di ammirazione.
Sotto quella pretesa di trattamenti o privilegi speciali, si cela una gigantesca fragilità emotiva, che tuttavia non spinge a compassione.